Mani; stretta; aiuto;
Monica Guazzini

Monica Guazzini

Come prendersi cura del malato di Alzheimer e della sua famiglia

Breve Estratto

La diagnosi di Alzheimer porta con sé sentimenti di angoscia e impotenza sia per il malato che per chi lo assiste, conoscere questa malattia è il primo passo da compiere per poterla fronteggiare.

Che cos’è questa cosa della memoria che mi succede?

Io a tratti non ricordo … non so … mi dimentico vede io mi dimentico … che cosa mi succede?

Queste le parole di una persona che sta iniziando a convivere con l’Alzheimer, tra le sue emozioni compare lo sgomento, la paura di perdersi e di non riuscire più a fare ciò che prima era “semplice”.

… Possibile che sia proprio così? A me sembra che lo faccia apposta, io le spiego le cose in modo semplicissimo e le chiedo se ha capito, sembra dica di si e poi fa tutto in modo diverso … e poi si arrabbia e trova tante scuse … o da la colpa a me.

Queste la parole di una figlia che inizia a convivere con la madre con l’Alzheimer.  

Si percepisce la difficoltà di accettare e comprendere una malattia che ruba i ricordi, ruba la memoria e col tempo porta via parte della personalità, cambia gli equilibri familiari in modo incisivo: la mamma, la sorella, la moglie, il marito o il papà che si occupavano di tante cose, iniziano a non essere più capaci di farlo e questo segna un cambiamento dei ruoli, diventa necessario vigilare con occhi discreti e amorevoli sulla quotidianità della persona che non è più capace di pensare a sé stessa.

Cosa fare davanti a tutto questo?

Quello che sto notando nella mia pratica clinica è che questa malattia non si conosce abbastanza, intendo dire che le famiglie, che iniziano a convivere con la diagnosi di demenza, che si caratterizza per essere una malattia cronica e ad oggi ancora non curabile, non sanno che cosa questa malattia comporti, non sanno che cosa accadrà col passare del tempo e che cosa possono fare per aiutare il proprio caro.
Penso che un primo passo potrebbe essere quello di conoscere l’Alzheimer, perché la conoscenza consente di potersi rapportare con quello che ci sta venendo incontro, ci consente di prepararci ad affrontare quelle che potranno essere le situazioni difficili che si presenteranno e consente di fortificarci nella possibilità di trovare aiuti e strumenti di intervento.

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Anche se una parte della personalità di chi ha l’Alzheimer sembra svanire, ce n’è un’altra che rimane ovvero la parte emotiva: non si può più chiedere ad un malato con Alzheimer di fare dei ragionamenti logici, di pensare e programmare delle attività perché per lui questo diventa difficile, se non addirittura impossibile, ma si può certamente tenere presente che  può ancora provare emozioni, compresa la  felicità, infatti si può fare esperienza del fatto che una canzone che appartiene alla sua storia passata possa portare alla luce della commozione, un sorriso.

La musicoterapia è una delle possibilità di intervento, così come l’utilizzo dell’arte, proprio per  la capacità che queste tecniche hanno di facilitare l’accesso alle emozioni.

La Felicità Possibile

Credo che sia doveroso avere il coraggio di osare e di introdurre la parola “felicità” come strumento di misura di quello che si può o non si può fare per chi vive con l’Alzheimer.

Questo è quello che penso si debba ricercare ovvero “la felicità possibile”, ho preso in prestito questa definizione da una conferenza a cui sono stata e mi trovo in totale accordo con questa visione.

La parola possibile accanto a felicità porta l’attenzione sulla scelta delle strade praticabili, vuol dire lavorare con le risorse che sono rimaste alla persona e utilizzare tutto ciò che può favorire il suo avvicinarsi a uno stato emotivo piacevole; una delle possibilità per aiutare i malati di Alzheimer è offrire loro ascolto e l’utilizzo di una modalità comunicativa attenta e consapevole nell’uso della parola che diventa un potente strumento di cura.  

Per cura si intende il “prendersi cura” ovvero ciò che davvero possiamo fare davanti a malattie incurabili, prendersi cura della persona pur non potendo guarire il suo stato morboso è ciò che ci consente di superare l’impotenza che si vive in queste situazioni, ci consente di trovare un modo diverso di accompagnare e offrire conforto a chi vive una patologia cronica e/o degenerativa.

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Il Progetto Non siamo Soli

Un’altra cosa importante che può aiutare molto in queste situazioni è evitare  di isolarsi, cercare luoghi in cui sia possibile confrontarsi con altre persone che si occupano di un familiare con Alzheimer, condividere le proprie emozioni e trovare un luogo che dia accoglienza e risposte alle tante domande che emergono dopo aver ricevuto questa diagnosi, diventa una base di appoggio che può diventare molto importante.

Per questo motivo a Poggibonsi la Società della Salute dell’Alta Valdelsa insieme alla Fondazione Territori Sociali Altavaldelsa, al Centro insieme Poggibonsi, all’Auser Poggibonsi, all’AIMA Siena con la partnership della sezione soci Coop di Poggibonsi, hanno deciso di porsi in prima linea per l’attivazione di un percorso completo di sostegno al malato e alle famiglie attraverso il progetto “non siamo soli

Tutti i mercoledì dalle 17.30 alle 19.30 nei locali della Coop di Poggibonsi in via Trento apre lo spazio I.De.A spazio Informazioni sulla Demenza e Alzheimer per le famiglie e ogni primo giovedì del mese apre il “Circolo di Alice”, un gruppo di ascolto e sostegno per i familiari che si tiene nei locali della RSA Dina Gandini in via Carducci, 3 a Poggibonsi.

Se vuoi informazioni riguardo a questo progetto puoi recarti direttamente allo Spazio I.De.A o telefonare al 377-9775351

https://www.ftsa.it/it/fondazione-territori-sociali-altavaldelsa/a-poggibonsi-non-siamo-soli-l-alzheimer-oltre-il-corpo-e-la-mente/

http://www.sdsaltavaldelsa.it/index.php/notizie/a-poggibonsi-non-siamo-soli-l-alzheimer-oltre-il-corpo-e-la-mente

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